Siccità.
Ha dominato le colonne dei giornali e il palinsesto dei TG, ci ha atteso come un tetro presagio quando ci siamo scoperti più sensibili del solito nel chiudere il rubinetto mentre ci lavavamo i denti.
L'abbiamo colta nel greto di fiumi e in laghi sempre meno profondi, nell’erba del giardino di casa, ingiallita perché l’acqua doveva essere utilizzata solo per necessità legate all’igiene e al consumo personale.
Eh sì, il 2022 verrà ricordato come uno degli anni più roventi di sempre, con temperature di 0,76 gradi più alte rispetto alla media storica e soprattutto il 45% delle precipitazioni in meno.
Vi chiederete, a questo punto, che cosa ha a che vedere la siccità con l’entomofagia.
Tendiamo a considerare l’acqua come una risorsa resa sostanzialmente infinita dal suo peculiare ciclo di evaporazione/ricaduta al suolo.
Il discorso, come sempre, è un po’ più complesso di così.
Se le risorse d’acqua si rinnovano continuamente è anche vero che non tutta l’acqua è potabile: si stima che solo il 3% dell’acqua lo sia e solo “teoricamente”
Questo avviene perché il 80% di questa è congelata nelle calotte polari e il restante 20% deve fare fronte ai consumi sempre più smodati di una popolazione mondiale in crescita esponenziale.
A rendere la situazione una tempesta perfetta in piena regola contribuisce anche il riscaldamento globale.
L’influsso del cambio climatico sull’idrosfera è a tratti controintuitivo.
Se da un lato una Terra più calda è un pianeta in cui gli oceani fagociteranno ampie porzioni costiere alle terre emerse, dall’altro un clima più caldo comporta anche il fenomeno opposto, ovvero la desertificazione.
Le ondate di calore che sempre più spesso raggiungono le fasce climatiche temperate determinano uno scenario meteorologico di alta pressione, che causa assenza di rovesci anche per lunghi periodi.
La quantità sempre maggiore di Co2 presente in atmosfera trattiene il calore, esacerbando il problema e impattando sulle risorse idriche. Meno pioggia, significa temperature più alte, che a loro volta determinano aria sempre più calda e meno pioggia, in un perfetto circolo vizioso che impatta sulla superficie coltivabile e abitabile del suolo a nostra disposizione.
Degradazione della flora, della fauna e raccolti sempre più esigui sono la conseguenza sotto gli occhi di tutti.
Altro fatto che spesso tendiamo a sottovalutare è la centralità dell’acqua nelle attività umane.
Questa non è solo essenziale per la vita sulla Terra, ma è letteralmente il carburante di decine di settori industriali. La sua scarsità è in grado non solo di costringerci a condizioni meteorologiche sempre più estreme: può letteralmente lasciarci disoccupati interrompendo la filiera produttiva dei settori in cui lavoriamo.
Basti considerare che, al di là delle spesso citate attività del primo settore (agricoltura e allevamento, che sole “bevono” il 70% dell’acqua mondiale), le industrie manifatturiere sono altamente idrovore: ai primi posti troviamo ad esempio Chimica e prodotti chimici, Gomma e materie plastiche e Siderurgie e Metalli di Base.
D’altro canto, lo sviluppo economico e una popolazione mondiale sempre maggiore e più affamata creano bisogni ad alto impatto ambientale, e generano consumi d’acqua in costante crescita.
L’impronta idrica del consumo di carne, in particolare, è estremamente impattante.
In media, per produrre un chilo di carne di manzo, servono 15.000 litri d’acqua (se consideriamo l’Italia, 11.500, per arrivare a 30.000 in Argentina).
L’acqua alimenta l’industria zootecnica più di qualunque altra risorsa: è fondamentale nella produzione della mangimistica, nella gestione degli scarichi e nel sostentamento del bestiame.
Se consideriamo che il peso medio di una bistecca si aggira sui 150 gr, basta una rapida equivalenza per scoprire che questa è costata 2000 litri d’acqua, ovvero l’equivalente di 15 docce o dell’intero vano di un veicolo commerciale.
Rapportando ora questi parametri all’allevamento di insetti, notiamo una differenza abissale in termini d’impatto.
Produrre un etto di grilli richiede 1,2 litri d’acqua: poco più che una bottiglia di minerale.
Ecco perché gli insetti potrebbero essere una risorsa eccellente per minimizzare l’impatto di queste criticità.
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Con la continua crescita della popolazione mondiale, la domanda di cibo aumenta esponenzialmente.
Questa crescente richiesta esercita una forte pressione sui nostri attuali sistemi di produzione alimentare, che sono già importanti contributori al cambiamento climatico. Date queste sfide, è necessario esplorare fonti alimentari più sostenibili.
Gli insetti commestibili offrono una soluzione valida, producendo meno emissioni, richiedendo meno acqua e utilizzando una quantità minima di terra rispetto all'allevamento tradizionale.
La chitina, un polisaccaride presente naturalmente negli esoscheletri di crostacei, insetti e alcuni funghi, ha da sempre affascinato sia gli scienziati che gli appassionati di cucina. Sebbene il suo potenziale come fonte alimentare sostenibile e nutriente sia riconosciuto da decenni, preoccupazioni sulla sua sicurezza e digeribilità ne hanno limitato l'adozione diffusa. Tuttavia, negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha fatto luce sulle proprietà della chitina, smentendo molti dei miti che circondano questo ingrediente unico.