Da quando la cultura orientale è entrata a far parte della vita di noi europei, siamo rimasti da subito talmente affascinati dalla sua aura misteriosa e dalle strane abitudini che la caratterizzano, che è praticamente diventato normale ritagliarci ogni giorno un po' di tempo da dedicare ad attività come lo yoga, la meditazione, la medicina tradizionale cinese o l'agopuntura.
Anche la cucina è stata influenzata in questo senso: cosa pensare dell’introduzione nella nostra alimentazione quotidiana di nuovi prodotti come i cibi fermentati, la soia, il miso, le alghe dai nomi impronunciabili (come la wakame, la konbu o la kanten), il tofu o i famosi funghi shiitake diventati famosi per sembrare una panacea contro tutti i mali? Un vero e proprio regime alimentare che abbiamo importato, e che sta ora cavalcando la cresta dell’onda, è la dieta macrobiotica.
Ma cos’è questo nuovo stile di vita di cui tutti parlano? In effetti la formula giusta è proprio questa, stile di vita: per dieta macrobiotica non intendiamo infatti solo una maniera di alimentarsi quanto di comportarsi.
L’ideatore di questa filosofia si chiama George Ohsawa e le fondamenta su cui si basa sono il raggiungimento dell’equilibrio tra lo Yin e lo Yang, principi presenti in tutta la natura che rappresentano la dualità presente in ogni elemento di cui è composto l’universo. Secondo questa filosofia, solo quando lo Yin e lo Yang sono in equilibrio (dove con questi due elementi possiamo identificare quindi il maschile e il femminile, l’acido e l’alcalino, il positivo e il negativo, il freddo e il caldo, il buio e la luce ecc.) si verifica l’assenza di malattia e la serenità spirituale e fisica.
Gli alimenti principali ammessi nella dieta sono: i cereali (soprattutto il riso integrale), i legumi (specialmente la soia), il pesce, che è ammesso ma solo ogni tanto, le verdure cotte e la frutta di alcune varietà.
Vietati sono invece la carne, il latte e i latticini. Una domanda sorge spontanea: perché allora non copiare agli asiatici anche la loro abitudine di mangiare insetti? Loro li mangiano da migliaia di anni (e lo stesso succede in popolazioni in Africa e in America Latina!) e ne sanno sfruttare il prezioso apporto nutritivo: ricordiamo infatti che gli insetti sono ricchi in proteine e in micronutrienti come la vitamina B12 (importantissima per i vegetariani e i vegani poiché altrimenti contenuta solo in alimenti di origine animale), la B7, la B2 o la B9, i famosi omega 3 e omega 6 ma anche il fosforo, il ferro o il potassio (solo per citarne alcuni).
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Con la continua crescita della popolazione mondiale, la domanda di cibo aumenta esponenzialmente.
Questa crescente richiesta esercita una forte pressione sui nostri attuali sistemi di produzione alimentare, che sono già importanti contributori al cambiamento climatico. Date queste sfide, è necessario esplorare fonti alimentari più sostenibili.
Gli insetti commestibili offrono una soluzione valida, producendo meno emissioni, richiedendo meno acqua e utilizzando una quantità minima di terra rispetto all'allevamento tradizionale.
La chitina, un polisaccaride presente naturalmente negli esoscheletri di crostacei, insetti e alcuni funghi, ha da sempre affascinato sia gli scienziati che gli appassionati di cucina. Sebbene il suo potenziale come fonte alimentare sostenibile e nutriente sia riconosciuto da decenni, preoccupazioni sulla sua sicurezza e digeribilità ne hanno limitato l'adozione diffusa. Tuttavia, negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha fatto luce sulle proprietà della chitina, smentendo molti dei miti che circondano questo ingrediente unico.